La supplica del presto (o il valore dell’empatia)

Giu 20, 2023 | Parole e Linguaggio | Visualizzazioni: 1938

Quando scriviamo, un testo qualunque, è bene soffermarsi sugli usi automatici di certe parole – come la parola “presto”.

ATTENZIONE ALLE PAROLE CHE SCEGLIAMO

Stavo scrivendo una mail di risposta a un annuncio di lavoro, e riflettevo su come concluderla. Non amo molto le espressioni troppo formali, specie in fase di chiusura, mi sanno un po’ da yogurt scaduto. E mentre stavo per scrivere “Spero di sentirvi presto”, mi sono interrotta bruscamente, colta da un sottile strato di ansia. Presto. In che senso, presto? Cosa vuol dire presto? Tra 1 giorno? Una settimana? Due ore??

“Presto” è una parola che fa parte del nostro vocabolario quotidiano. Quante volte la usiamo, quando parliamo o scriviamo a chi conosciamo, nella formula “A presto”? È un modo per mantenere aperta la comunicazione, la relazione. In divenire. Un’apertura che è anche speranza di un contatto non troppo lontano nel tempo.

I SIGNIFICATI DELLA PAROLA “PRESTO”

“Presto”, in sostanza, vuol dire “velocemente”. Mentre digitavo la mia frase di chiusura nella mail, quel “presto” mi è sembrato invadente. Una supplica quasi. Mi sono messa nei panni di chi mi avrebbe letto: avrebbe sorvolato su quel “presto”, o lo avrebbe trovato un po’ indigesto? Si sarebbe sentito pressato, da quella mia richiesta implicita di una risposta veloce? Riflessioni da linguista e amante delle parole. Da chi sa che una parola può fare la differenza (specie dentro una mail di risposta a un annuncio di lavoro).

Presto”, poi, può assumere varie sfumature a seconda della cultura di origine: ricordo un giorno in cui io e un mio amico libanese ci eravamo dati appuntamento davanti al suo ristorante alle 17:00. Alle 17:00 in punto, io ero lì. Ho aspettato per più di 30 minuti, per poi scoprire che lui era ancora al supermercato accanto a fare la spesa per il giorno, e che il suo “alle 17:00” era un orario indicativo. Un amico africano mi ha raccontato che funziona un po’ così, anche nelle culture africane: se hai un appuntamento alle 17:00, ma mentre cammini per strada incontri un amico che non vedevi da anni, quell’amico ha la precedenza, e tu ti fermi a parlare con quell’amico, anche se poi arrivi in ritardo all’appuntamento. Certo, possiamo discutere sulla sensibilità di avvisare, in caso di ritardo. Ma quel che mi interessa è questo: entrare dentro un’altra cultura, è entrare dentro un modo potenzialmente differente di ragionare. Per cui, se scrivo “Spero di sentirvi presto” in una mail indirizzata a una persona che proviene da una cultura diversa dalla mia, come interpreterà quel “presto”?

UNA SOCIETÀ CHE CI SPINGE A FARE PRESTO

Oltretutto, viviamo in una società che non cammina – corre. Dove il tempo è prezioso, non bisogna perdere tempo, occorre ottimizzare il tempo, e cose così, che aumentano i livelli di ansia di tutti, specie chi si sente perennemente in ritardo (presente!!). Ci penso un attimo, e da persona umana che fatica a reggere le fretta, e da persona che scrive con cura e attenzione ai dettagli, decido che non la voglio trasmettere, questa fretta, alle persone a cui scrivo.

Così, ferma alla mia formula di saluti finali, mi sono messa a pensare: come potrei sostituire questo senso di urgenza nascosto (neanche tanto) tra le righe? Ho cercato di sfruttare la mia capacità di empatia, e me ne sono venuta fuori con un “Spero di sentirvi quando avrete tempo di rispondermi”. Avrei potuto trovare altre soluzioni? Sì, questa è solo una di quelle possibili. Ok, ho allungato la frase, ma ho tolto quel “presto” che alla fine non mi dava una indicazione precisa del “quando” avrei desiderato sentire un cenno da parte loro, e rischiava di farli sentire un po’ sotto pressione. “Quando avrete tempo di rispondermi”, si mette nei panni di chi legge. Tiene in considerazione il tempo di chi leggerà, si apre alla possibilità di un’attesa legata ai tempi dell’altro, ma comunque fa intendere che lo aspetterà. Con la fiducia che qualcosa ne verrà fuori.

ESSERE CONSAPEVOLI DEGLI AUTOMATISMI LINGUISTICI

Questo “presto”, mi sono resa conto, era diventato un mio automatismo linguistico. Forse, quello di cui abbiamo bisogno nel tipo di società attuale, è fare più attenzione agli automatismi della lingua e del pensiero. Per dire: “Le femmine amano il rosa e i maschi l’azzurro”, “Le mogli cucinano mentre i mariti leggono il giornale”, sono stereotipi e automatismi del pensiero.

Magari sostituire “presto” con altre espressioni e forme diverse, originali, potrà ridurre quel senso di urgenza che traspare da alcune parole? O aiutarci a far calare i livelli di ansia sociale generale? Alle società future la risposta – ma molto dipenderà da come usiamo noi le parole oggi.

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Verusca Costenaro

Non abbiamo tempo per dedicarci un po’ di tempo.

Eugène Ionesco, saggista e drammaturgo.

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