Ed io, avrò cura di te (e della lingua che leggi)

Dic 20, 2022 | Formazione e Bio | Visualizzazioni: 815

Prendersi cura è un atto d’amore. Verso le persone, verso le cose. E. nel caso di chi per lavoro scrive testi digitali, è un atto d’amore vero la lingua in cui si scrive, verso il lavoro che si fa, verso le persone che ci leggeranno.

L’IMPORTANZA DELLA FORMAZIONE

Alcuni anni fa ho frequentato un di formazione sul web copywriting. Durante il modulo con la sociolinguista Vera Gheno, abbiamo lavorato sulla lingua italiana. Ripenso alle parole con cui aveva valutato la mia esercitazione alla fine del suo modulo: “Gli elementi positivi della tua esercitazione  sono il fatto che manchino errori davvero gravi, perché vuol dire che la situazione non è drammatica”, con tanto di faccina sorridente al seguito J. Ma ricordo bene lo smacco del suo commento finale, in cui sottolineava che c’erano ancora errorini tipici delle persone mediamente colte, che andavano “presi in cura” per evitare di ripeterli. Errori del tipo: nel trovare la parola adatta per piccolo libro, io avevo inserito libretto, ma mi era stato suggerito libriccino perché libretto si usa soprattutto per quello d’opera. O ancora, avevo confuso avvallare con avallare – potere di una v!!

L’ERRORE APPARTIENE A OGNUNO DI NOI

Il fatto che io sia italiana, che sia nata e cresciuta in Italia, non vuol dire per forza che io conosca o sappia usare la mia lingua nativa in maniera sempre corretta. Posso fare errori, certo. Posso sbagliare accenti, confonderli tra loro, dimenticare apostrofi, sbagliare la concordanza dei verbi. Confondere parole simili. Posso farli per distrazione, stanchezza, rilettura superficiale, o farli e basta, perché ho un buco o una svista nella mia conoscenza.  Durante il suo modulo, Vera Gheno aveva dato una definizione esilarante e veritiera al tempo stesso di: “L’errore è come l’alitosi: distrae dal contenuto della comunicazione”. E chi per lavoro si occupa di comunicazione scritta, avrà cura di trasmettere un messaggio non solo coeso e coerente e logico ed efficace – ma anche corretto sul piano della lingua.

STUDIANDO, SI MIGLIORA

Nel suo consiglio conclusivo alla mia esercitazione, Vera Gheno mi aveva indicato la soluzione agli scivolamenti linguistici sempre in agguato, nonostante la mia “italianità”: “Studiare e non smettere mai di farlo. Da una parte, perché è un piacere, dall’altra perché ci serve per essere sempre aggiornati”. Non smettere mai di studiare, per chi scrive testi digitali, può voler semplicemente dire avere sempre a portata di mano una buona grammatica italiana. Per non parlare di un buon vocabolario della lingua italiana e uno dei sinonimi e dei contrari. A chi come me ha l’anima un po’ vintage, verranno subito in mente dei gran libroni posati sul tavolo (ah, l’odore della carta del Devoto-Oli!), mentre oggi, che siamo più tecnologizzati (e fortunati?) il tutto si risolve con un bel click dentro qualche sito affidabile di riferimento. Avere cura della lingua, vuol dire andare a cercare su google in caso di un dubbio qualsiasi sulla lingua in cui sta scrivendo.

Devo molto alla mia carriera pluriennale di docente di lingue, perché mi ha permesso di sviluppare la cura per la lingua, orale e scritta. Avere a che fare, nella mia vita e nel mio lavoro, con lingue diverse – inglese e francese, principalmente – mi permette di mettermi sempre in discussione su quel che sto scrivendo, controllando di continuo per evitare l’errore. Lavorare in lingue diverse da quella italiana, ha affinato, con il tempo, la pratica, l’esperienza, la mia capacità di evitare l’errore. Certo, il famoso refuso è sempre in agguato, ma in generale la mia sensibilità è particolarmente allertata e pronta a intervenire, se capta qualcosa che assomiglia a un errore. Oltre ai miei studi, mi aiuta la formazione continua. Seguire webinar o leggere libri che riguardano la lingua italiana, in tutte le sue sfumature, specie su come sta evolvendo. Aggiornarmi in realtà non lo sento come un dovere: mi piace talmente tanto, la lingua italiana, che continuare a studiarla è soprattutto un piacere (come commentava Vera Gheno!). Questa cura della scrittura, prevede un tempo finale da dedicare al testo scritto. Un tempo che non deve essere per forza lungo, ma “concentrato”. Un tempo in cui rileggere e controllare che ogni singolo elemento vada bene, con strategie facilitanti, come l’ingrandimento dei caratteri, per leggere più agevolmente e individuare più facilmente eventuali errori o refusi.

È il tempo che il piccolo principe perde per la sua rosa che fa la sua rosa così importante (nel romanzo di Antoine de Saint-Exupery). È  il tempo che “perdiamo” per il nostro testo digitale che fa il nostro testo digitale così importante.

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Verusca Costenaro

Tutti i grandi cambiamenti partono sempre dal prendersi cura delle parole e restituire alle parole il loro senso più profondo.

Alessandro D’Avenia, insegnante e scrittore.

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Falla semplice!

Falla semplice!

I miei studi sulla lingua inglese e la mia esperienza come formatrice mi hanno insegnato il valore della semplicità. Ci rifletto assieme ad alcune osservazioni di Annamaria Testa.